15 marzo 2018

Una tranquilla gelida notte nel centro storico di Jesi

Jesi, Piazza Federico II
Il burian aveva ricoperto e imbrattato di neve il centro storico e tutta la città. Alle 10 di sera il vento era già volato via insieme alla neve che non cadeva più. Le nubi si stavano lacerando, come una vecchia maglia di lana, e dagli strappi scendevano, insieme alla luce delle stelle, rovesci d'aria gelida che si sovrapponeva a quella esistente già fredda di suo. L'aria sembrava rarefatta, pulita e dal profumo intenso di neve, come quella dei mille  metri e più di montagna. Bastava una sola sniffata per sentire un'energia smisurata invadere prima i polmoni e poi tutto il corpo, la  mente e l'anima. Sniffavano anche le poche persone sconosciute che incontravo, giovani coppie perlopiù. Lo percepivo dai saluti e dai complici sorrisi scambiati tra noi come se fossimo stati amici di vecchia data. Avrei camminato tutta la notte su quella neve oramai diventata ghiaccio ma, anche se le suole vibram dei doposci tenevano,  cercare di non cadere "come corpo morto cade" richiedeva uno sforzo e un'attenzione sovrumani. 

Jesi, Piazza Colocci: Palazzo della Signoria (rinascimentale) e resti della città vecchia (medievale)
Di tanto in tanto, perciò, mi riparavo nell'ingresso di qualche negozio, chiuso ovviamente a quell'ora, illuminato o a giorno oppure solo in qualche scaffale interno  o nella vetrina, ma le cui luci indirette bucavano tutte le gradazioni del buio fino nelle zone più lontane e recondite del locale. Potevo scorgere ogni cosa anche in profondità quindi,  dagli scaffali alle merci esposte, simboli della nostra sovrabbondante quotidianità. Erano però gli spazi vuoti che mi attraevano perché esaltavano  le assenze: il da fare, la simpatia o l'antipatia dei venditori; il via vai,  i colori, il chiasso e le indecisioni dei clienti. Assenze ma anche presenze, simulate da qualche manichino o suscitate da un ombrello dimenticato o da qualche oggetto lasciato fuori posto (un paio di occhiali sul bancone, una bottiglia d'acqua minerale sullo scaffale) oppure dalle sedie rovesciate sui tavoli durante le pulizie di fine giornata... 




















A metà Corso Matteotti, quella che era diventata per me una specie di Spoon River aveva già piazzato qualche dose di inquietudine tra la mia curiosità iniziale, perciò ho preferito lasciare  i negozi al loro destino  per godermi quella splendida gelida notte continuando la passeggiata barcollante tra le vie del centro.

Piazza Pergolesi non l'avrei più vista come ora. I brutti pannelli di legno che la recintavano erano il segno dell'imminente trasformazione che avrebbe  fatto arretrare la statua, istallare un nuovo arredo urbano e sostituire i lugubri e spennati vecchi cipressi con altri tipi di piante. Sarebbe rinato un bello, razionale e ampio luogo socializzante per la città, vanto per  lo stesso Gian Battista Pergolesi, impreziosito dalla contiguità con la chiesa di San Nicolò, la più antica di Jesi.

Non potevo non immortalare per i posteri l'ultima notte  della  piazza sotto la neve "com'era prima del restauro".

Jesi, Piazza Pergolesi

6 commenti:

  1. Non so bene se ho passeggiato in teatro o in una gelida notte 😉

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    1. In effetti hai passeggiato tra due teatri: il Pergolesi e il Valeria Moriconi. Ciao Amanda.

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  2. Bello, tra la purezza della neve che trasforma il paesaggio urbano e qualche immagine inquieta alla Dario Argento. Ciao!

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  3. Bellissimo post, Leo! Che atmosfera!

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    1. Grazie Silvia, spero di averti fatto dimenticare per pochi attimi le orribili finte persiane. Ciao.

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