La dorsale del monte San Vicino dalle Piane di Apiro (6.1.13) |
"Dormono le cime dei monti
e le vallate intorno
dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali"
Non lo so perché, ma la prima volta che ho visto queste parole scolpite in una lapide nel cimitero di Apiro ho avuto la sensazione che mi chiamassero, dall'alto. E tutte le altre volte che passavo di lì sentivo sempre il bisogno di leggerle per cercare di scoprirne il senso e l'autore.
I primi due versi erano potenti, mi facevano rivivere le stesse sensazioni provate in ogni escursione notturna: l'inquietudine per la notte e per i suoi abitanti nascosti, l'esagerata luminosità delle stelle, le incredibili dimensioni del cosmo in continua trasformazione contrapposte alle minuscole attività degli umani che intuivo svolgersi nei paesi giù nelle valli.
Il paesaggio intorno ad Apiro poteva ben adattarsi a quel "dormono le cime dei monti", l'autore perciò poteva essere del luogo?
Il paesaggio intorno ad Apiro poteva ben adattarsi a quel "dormono le cime dei monti", l'autore perciò poteva essere del luogo?
Gli ultimi due versi sembravano un rebus, invece. Chi erano quegli uccelli? La morte? Ma l'iconografia classica disegna una figura umana con la falce, sola ed eterna, perciò quel "generazioni degli uccelli" indicava qualcos'altro, forse dei rapaci? Nelle nostre zone, però, non sono così numerosi come sembrava indicare la poesia, e allora chi erano e quale cosa o luogo simboleggiavano?
Ho cercato di rispondere a queste domande discutendone con familiari, amici e il poeta ufficiale del gruppo, ma le risposte non erano mai convincenti finché... finché un giorno, grazie a Google, ho scoperto che questo testo è un estratto della traduzione di Salvatore Quasimodo di "uno dei primi notturni della letteratura occidentale" scritto da Alcmane nel ... VII secolo a.C.
Ecco è il testo integrale:
Dormono le cime de’ monti
e le vallate intorno,
i declivi e i burroni;
dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme di api,
i mostri nel fondo cupo del mare;
dormono le generazioni degli
uccelli
dalle lunghe ali.
E' stata una sorpresa mozzafiato e il mistero si è dissolto all'istante. Avevo per diverso tempo quasi dialogato con una persona vecchia di 2.700 anni che mi aveva procurato emozioni e destato pensieri simili ai suoi.
Diamine, ma allora, in tutti questi millenni, anche se abbiamo inventato civiltà sempre più avanzate ci ritroviamo a convivere sempre con le stesse passioni e turbamenti?
Grazie, famiglia Leoni.
Appunti: rovistando nella rete ho pescato una perla che vi consiglio di guardare: è la traduzione del notturno di Alcmane, con relative motivazioni e immagini, di ciascuno dei ventidue studenti della II° B del liceo Classico di Jesi. A loro sarà mancato l'effetto sorpresa ma non la bellezza di interpretare un testo così antico e nello stesso tempo così vicino a noi.
Bravi, ragazzi e docenti !