1960, io in terza elementare |
Negli anni ’60 frequentavo prima le elementari e poi le medie. Il primo giorno di scuola non era così ricco di auguri come sto leggendo in questi giorni su Facebook ma, al contrario, di minacce del tipo: ricordati che se non fai il bravo ti tocca! … se non studi ti bocciano. E’ vero, in quegli anni negli studi ero più simile a un Pinocchio ma anche chi era bravo come Enrico Derossi (nel libro Cuore) si beccava lo stesso tipo di …consigli.
Si entrava in classe e, ieri come oggi, il discorso del maestro o del direttore o del prete andava sempre a finire sul nostro futuro: che eravamo il futuro della società, dell’economia, della famiglia, dell'Italia. E a forza di sentire quella parola così grande ma indefinita alla fine non ne conoscevo più il senso: il “mio futuro” è rimasta una parola vuota fino alle superiori.
Tornando ai messaggi che ho letto oggi, se qualcuno mi avesse augurato, come ha scritto l' amica Bruna Stefanini, “di divertirmi a scuola e di aspettare ogni giorno con desiderio come un'avventura” di sicuro sarei stato meno Pinocchio, il futuro non lo avrei comunque visto prima ma ci sarei arrivato con tanta sicurezza e ricchezza in più tra le mani.