09 dicembre 2021

Il faggio e il bambino delle rondini

 

Val Casies-Gsieser Tal, Messner Hütte
 

Era il faggio più vecchio più grande più alto, visibile da tutta la Val Casies anche da Santa Magdalena, il paese di Peter. Dalle piccole finestre con i vetri sottili e traballanti della sua fredda e buia casa, la sagoma del faggio cresciuto in una radura sul fianco della montagna sembrava un faro: l'alternanza dei suoi colori raccontava il susseguirsi delle stagioni oppure l'alba o il tramonto mentre la nebbia o le nuvole che lo avvolgevano, a volte solo in parte, anticipavano l'arrivo del bello o del cattivo tempo. In inverno, il suo profilo spoglio risaltava come un disegno tratteggiato con un carboncino sul bianco intenso della neve.

La prima volta che suo padre lo portò in quella radura dove pascolava le loro unica mucca Peter aveva sì e no otto anni. Salirono insieme tutti i giorni sia con il sole che con la pioggia finché entrambi furono certi che Peter poteva farcela da solo ad andare e tornare, a difendersi da un temporale improvviso e a governare la loro unica fonte di latte, burro e formaggio. Fu così che il bambino e il faggio divennero inseparabili, dalla primavera all'autunno per tre magnifici anni di seguito.

Peter non si stancava mai di sdraiarsi ai piedi del tronco per guardare dal basso la simmetria dei rami, il sole o la pioggia rimbalzare sulle foglie, l'imprevedibile continuo via vai degli uccelli, le rapide giravolte degli scoiattoli sul tronco. A volte chiudeva gli occhi per riconoscere e visualizzare anche il più tenue suono proveniente dalla chioma. Spesso si arrampicava fin quasi sulla cima, che da lassù immaginava di dominare il mondo con gli stessi occhi e le stesse ali della poiana che al tramonto si dondolava sui rami più alti curvati dal suo peso.

Pian piano cominciò anche a raccontare di sé, a voce alta sperando che in qualche maniera il faggio gli rispondesse: beh nei sogni era accaduto diverse volte, non poteva succedere davvero? Forse serviva più tempo per sintonizzarsi entrambi sulla stessa lunghezza d'onda, magari l'anno dopo, chissà. Per Peter quell'albero era diventato il suo riferimento, la certezza nel cambiamento che di lì a breve avrebbe fatto di lui un uomo.

Ma Peter non arrivò la primavera successiva. Le condizioni difficili della famiglia lo costrinsero a partire per la Baviera, a piedi, dove avrebbe lavorato come garzone: vitto e alloggio come unico compenso. Stessa sorte sarebbe toccata a migliaia di bambini e bambine delle zone povere del Sud Tirolo; venivano chiamati i "bambini delle rondini" perché partivano in primavera e tornavano alle loro case in autunno.

Il vecchio faggio non poteva sapere nulla di tutto questo. Erano tornate sia le rondini che la mucca sorvegliata però da un fratello di Peter, di lui neanche l'ombra. La sensazione di malessere cominciò a mescolarsi nella sua linfa e ad attraversare ogni singola cellula del suo corpo, dai rami più alti e via via fino alle radici e da queste si diffuse alle radici degli altri individui con cui era connesso in una fitta e aggrovigliata trama sotterranea.

Di connessione in connessione tutti gli abeti, i faggi, i larici e più su anche le stelle alpine e i muschi della catena alpina sapevano del dolore del vecchio faggio ma nessuno di essi riusciva a immettere nella linfa comune notizie di Peter, belle o brutte che fossero. Passarono i giorni e quando arrivò l'estate il vecchio si convinse che le sue radici oramai non fossero più in grado di comunicare come un volta. Cominciò così a abbassare i suoi rami fino al prato e poi a spingerli sottoterra e a farli avvolgere nelle sue radici per dar loro manforte, come se i suoi rami fossero le calde e decise mani di Peter capaci con una carezza sulla sua corteccia di trasmettergli i suoi desideri e le sue emozioni. L'inverno fu duro quell'anno, quando in primavera Peter tornò nella radura il vecchio faggio era già secco.

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