30 aprile 2018

Smeralda, la camiceria

Camerano, Camiceria Smeralda
Smeralda, che nella lingua semitica significa splendore, è uno dei miei "luoghi del cuore", da decenni. Lì, riesco a trovare le camicie in tranquillità, senza nessuno che mi aliti sul collo nell'acquisto a meno che non abbia bisogno di un consiglio, solo allora chiamo in soccorso l'esperta di turno. Scelgo il modello il colore la taglia vado alla cassa e, senza costi aggiuntivi, in pochi giorni accorciano le maniche, aggiungono il taschino (che oggi non è abbastanza trandy ma a me serve), tolgono le pence (se la pancia si ostina a non calare).

Con il tempo, se le maniche o il collo si consumano o se qualche asola cede a qualche bottone troppo ligio al dovere, ritorno e, sempre in pochi giorni, rimettono a nuovo la camicia. È come andare dal carrozziere, solo che nell'auto ci stai seduto, la camicia,  invece, ti sta addosso e ti segue per un giorno intero, morbida,  come una seconda pelle che traspira con il caldo o conserva il tepore se fa freddo. Non deve intralciarti nei movimenti ma li deve assecondare come se lei non esistesse, senza farsi mai sentire con cuciture in rilievo, fibre ruvide o sfregamenti inaspettati. 

Credo che occorra tanta esperienza e maestria e serietà professionale per arrivare a questo che è un lavoro da veri artigiani made in Italy, svolto qui alla luce del sole, senza dover   nascondere o nascondersi. Il laboratorio e il punto vendita, infatti, sono contigui, divisi soltanto da una vetrata trasparente che appena entri mette in scena l'ambiente di lavoro,  le montagne di stoffe, le macchine e, soprattutto, una  sessantina di donne  in piedi o sedute al proprio posto. Sessanta persone riunite in cooperativa,  sessanta famiglie, che in qualche modo dipendono da quanti si fidano di Smeralda e delle  mani  delle sue brave camiciaie. Alla faccia della globalizzazione, tiè!

Buon  1° Maggio, Smeralde!


La Camiceria Smeralda (qui) si trova a Camerano (AN) a pochi chilometri dalle bellezze del Monte Conero e delle sue spiagge (qui).

17 aprile 2018

L'abbazia di San Vincenzo al Furlo e il Chiosco al Furlo

Sì, avete letto bene, il Chiosco (non chiostro) al Furlo. Infatti, a metà strada tra la Gola del Furlo e Acqualagna (leggi tartufo) solo pochi metri separano  l'Abbazia di San Vincenzo al Furlo dal Chioscal Furlo. Vi garantisco, dopo essere stati in entrambi sarà difficile separarli nel ricordo.

Acqualagna, l'Abbazia di San Vincenzo al Furlo e il Chiosco al Furlo  
L'Abbazia, costruita intorno al X secolo, all'esterno non è molto dissimile da una casa tirata su con la pietra di calcare bianco tipica di questa zona. D'estate, appena lasci gli accecanti raggi di sole alle spalle per entrarci, la penombra sembra...abbagliarti. Fai fatica a seguire la  rarefatta luce, filtrata dalle poche finestre, tra la navata, la cripta e il presbiterio rialzato. L'interno è massiccio, severo anche tra  le grandi pietre d'epoca romana incastrate a formare l'irregolare pavimento. I pochi affreschi di scuola marchigiana, sopravvissuti alle trasformazioni e demolizioni imponenti avvenute nei secoli, sono i testimoni di un passato ben più colorato sulle pareti. Urcaperchénoncisiamovenutiprimaqui! Lo vorresti gridare tutto d'un fiato per goderti appieno la sorpresa prima che questa possa cedere il passo ad altre sensazioni.

Acqualagna, Abbazia San Vincenzo al Furlo

Acqualagna, Abbazia San Vincenzo al Furlo

Acqualagna, Abbazia San Vincenzo al Furlo: la cripta
Il Chiosco del Furlo, invece,  è immerso in un grande parco per metà ombreggiato da aceri e gelsi, e per l'altra metà curato a prato.  In una delle due piccole costruzioni c'è l'attività di ristorazione, nell'altra, in pietra bianca come l'abbazia, la toilette con vista sul fiume Condigliano che scorre qualche metro sotto. Una timida ma tenace corrente d'aria , smossa dal  fiume, garantisce una inaspettata frescura tra i tavoli anche nelle giornate di solleone. La specialità del Chiosco è una lista immensa di cresce (piadine) preparate, secondo la tradizione, con gli ingredienti tipici dell'alto pesarese e riconoscibili tra i profumi sfuggiti dalla cucina  per fare un giro di valzer tra tutti noi  prima di dileguarsi da questa specie di eden. Ma il condimento migliore lo trovi nell'accoglienza, nella simpatia e, soprattutto, nel sorriso dei proprietari, Cesare Martelloni &Co,  che se non sei vaccinato rischi di diventare portatore sano di sorrisi per molto tempo, anche dopo avere fatto ritorno a casa.

Acqualagna, il Chiosco al Furlo 

Acqualagna, il Chiosco al Furlo

Acqualagna, il Chiosco al Furlo
Qual è il ponte, l'anello di congiunzione tra le due aree? È la porta della chiesa costantemente spalancata. Sembra incredibile come questa possa fare da magnete, da stargate capace  di scaraventarti in ogni istante nella dimensione del tempo fermo (la chiesa) o in quello dell'oggi (il chiosco). Quando sei nella chiesa,  la luce, i suoni, l'aria tiepida e il profumo di crescia che filtrano dalla porta d'ingresso sono un costante richiamo verso l'esterno. Al contrario, quando sei a spasso tra il verde o seduto tra la gente a mangiare, quell'esile rettangolo scuro sulla facciata della chiesa sembra invitare proprio te  ad entrare, anche se ci sei già stato pochi attimi prima.  Credetemi, è difficile non cedere a quella lusinga.

Acqualagna, l'Abbazia di San Vincenzo al Furlo e il Chiosco al Furlo
Conosco l'Abbazia e il Chiosco grazie a un post scritto dalla mia amica Bruna (storica spacciatrice di buoni luoghi) in cui racconta nel suo blog "Poco lontano" anche la Gola del Furlo, eccolo:

:https://pocolontano.myblog.it/2013/02/25/andiamo-al-furlo/


Gli altri "Panino a tavolino":



09 aprile 2018

Poggio San Vicino: tra canzoni e vibrazioni



Dalla torre medievale di Poggio San Vicino
Una leggenda racconta che un semplice battito d'ali di una farfalla potrebbe generare uno spostamento di molecole d'aria capace di provocare un uragano a migliaia chilometri di distanza; cosa potevamo provocare noi della corale Brunella Maggiori mentre cantavamo in cima alla torre medievale di Poggio San Vicino, un cataclisma?

Mi piace immaginare qualche impercettibile vibrazione dell'aria raggiungere i casolari sparsi nella sottostante Valle di San Clemente, i paesi di Cupramontana e di Apiro (visibili in cima alle colline sovrastanti la Valle), e le pendici del Monte San Vicino. Boscosissimi pendii in cui  l'unico intervento visibile dell'uomo è quel sentiero che serpeggia e s'arrampica per poi scendere, al di là del crinale, nella Val di Castro dove S. Romualdo, fondatore dell'eremo di Camaldoli, si ritirò intorno all'anno Mille e dove costruì l'eremo poi diventato Abbazia di S.Salvatore.

Già,  Poggio San Vicino e quel sentiero hanno visto passare in mille anni  gran parte della storia degli "umili" , dei potenti e dei religiosi di queste terre a cavallo tra le attuali province di Ancona e Macerata. Sarà stata la stanchezza o le suggestioni di una giornata di sole primaverile, tramontata troppo presto, ma le "vibrazioni" di tutta quella gente in cammino sembravano essere ancora presenti tra noi, a distanza di secoli.

Il video è di Sara Simoncini, sindaca,  che ci ha fatto da guida preziosa e appassionata tra la storia e le bellezze del suo  Poggio San Vicino. Il sentiero è ben visibile negli ultimi venti secondi.

La canzone "Improvviso" è stata scritta da Bepi De Marzi



Ho già raccontato Poggio San Vicino qui:

03 aprile 2018

Apiro e Ca' di Chiocco sulla Via Lauretana

     Apiro, Ca' di Chiocco: pellegrinaggio della diocesi di Città di Castello verso Loreto             2/4/2018

Lungo la strada che da Apiro conduce a Valcarecce si snodava un serpentone quasi ininterrotto di ragazze e ragazzi a piedi che ho scoperto poi fermarsi nella chiesetta di Santo Stefano (o Montalvello) a Ca' di Chiocco, la piccolissima frazione di Apiro che ho già raccontato qui

Quella di ieri credo sia  stata la prima limpida e  tiepida giornata di primavera di quest'anno, ma lo sciame di pellegrini, stanchi affamati e assetati, cercava l'ombra, come api nell'alveare, ricoprendo di zaini strapieni e di maglie colorate gli spazi circostanti la chiesetta.  Provenivano tutti dalla diocesi di Città di Castello. Erano arrivati con i pullman ad Apiro e da qui iniziavano il percorso a piedi  verso Loreto. Nella prima tappa avrebbero pranzato e riposato  proprio qui a Ca' di Chiocco, per poi proseguire fino a Cingoli dove avrebbero dormito. 

Oggi le Vie  Francescane o Lauretane con destinazione, appunto, Loreto stanno rinascendo e la sofferenza fisica di un lungo viaggio a piedi è tornata ad essere un fatto abbastanza comune sia come atto di fede che per scoprire sé stessi e i luoghi difficilmente osservabili con mezzi diversi dalle scarpe. Non so perché, quindi, senta la necessità di raccontare su Tracce minime  questo episodio che di per sé non ha niente di speciale, almeno per chi osserva. Forse perché so che questo che per me è uno dei "luoghi del cuore", che conosco quindi anche intimamente, è affamato di futuro, di gente meravigliata per l'ambiente circostante, di voci allegre,  di passi sulla sua terra. Ieri tutto Ca' di Chiocco sorrideva.

Buona strada! giovani di Città di Castello.
Apiro, Ca' di Chiocco: chiesa di Santo Stefano 
Apiro, Ca' di Chiocco: chiesa di Santo Stefano 







Apiro, Ca' di Chiocco: bivio per la chiesa di S.Stefano e la Vallelunga