Ascoli Piceno - Via Pretoriana |
Siamo ad Ascoli Piceno, nella parte più
alta di Via Pretoriana. Conviene
fermarsi un attimo, prendere un po’ di fiato dopo l’impennata dell’ultimo
tratto e godersi lo spettacolo della
città vista dall’alto: s'intuiscono già il mare di tetti e le torri e i campanili che spuntano di qua e di là come vele.
Ascoli Piceno - Via Sant'Angelo |
Se pensate che sia il momento di ridiscendere siete in errore. Alla nostra sinistra, un’altra salita, via Sant’Angelo, ci calamita verso il complesso abbaziale di Sant’Angelo Magno che da questa prospettiva sembra essere appartato, distaccato dal reticolo di "rue" che amalgama la città.
Ascoli Piceno - Abbazia di Sant'Angelo Magno |
Sorpresa! Dobbiamo aprire un cancello e salire le scale di un portico per accedere all'ingresso della chiesa...
Ascoli Piceno - Chiesa di Sant'Angelo Magno |
... la cui facciata incombe su di noi con tutta la sua verticalità. I muscoli degli occhi sono in tensione nello sforzo di scandagliare, su fino al tetto, le forme tardo romaniche ...
Ascoli Piceno - Chiesa di Sant'Angelo Magno |
... e scoprire la pietra su cui è incisa la data di ampliamento della chiesa: " Hoc opus factum est anno domini 1292 tempore abbatissae Antoniae".
Ascoli Piceno - Abbazia Sant'Angelo Magno |
La chiesa e l'abbazia furono costruite nel IX secolo per le suore benedettine, ma nel corso dei secoli, oltre alle trasformazioni e agli ampliamenti degli edifici, si sono succeduti altri ordini di suore e di frati. Lo stesso monastero o una parte di esso fu trasformato in ospedale, poi in orfanotrofio e brefotrofio, infine in ospedale civile fino a circa trent'anni fa.
Brefotrofio! Ecco spiegato il perché di quell'apertura murata tra le due finestre che si vedono, in basso, a destra.
Ascoli Piceno - Abbazia Sant'Angelo Magno |
"QUI SI DEPOSITANO GL'INNOCENTI": fino ai primi anni del '900, chi non poteva o non voleva tenere un bambino lo "affidava" alla Congregazione della Carità: bastava spingere il bambino nella Ruota di legno per farlo entrare all'interno del brefotrofio, senza essere visti. E questo era un luogo perfetto. La Congregazione, infatti, si trovava nel Sestiere Piazzarola, il più antico della città, un quartiere periferico di Ascoli perciò lontano da eventuali sguardi indiscreti e la collocazione della Ruota o Rotolo in questo piccolo e appartato piazzale ne aumentava la riservatezza.
Per scattare questa foto ho volutamente disteso un braccio fino a toccare il bordo inferiore del riquadro mentre tenevo l'obiettivo all'altezza degli occhi: possiamo così visualizzare l'attimo in cui la madre, o un familiare, deponeva il neonato nella ruota. In questo spazio di pochi centimetri e nell'arco di pochi istanti s'incrociavano e si modificavano, per sempre, i destini del bambino e le coscienze dei suoi genitori.
Ascoli Piceno - Archivio di Stato - Fondo Esposti |
Sapevo che la documentazione del brefotrofio era conservata nell'Archivio di Stato di Ascoli e così ho voluto darci un'occhiata. Fortunatamente i documenti della Congregazione erano stati da poco riordinati e classificati, quindi facilmente consultabili.
Ecco uno dei faldoni contenenti le prime documentazioni degli Esposti, in questo caso, degli anni 1810-1811.
Ascoli Piceno - Archivio di Stato - Fondo Esposti |
Questo, invece, è l'atto d'ingresso del bambino con il quale il custode degli Esposti, Celio Ricci, dichiara l'avvenuto ritrovamento e il successivo battesimo:
" La notte del 28 dicembre 1810, alle ore 12 al suono del campanello, è stata posta da persona incognita nel Rotolo una infante di sesso femminile involta in pannilini laceri, quale da me fù presa, e fatta battezzare ...........col nome d'Innocenza Spina come dall'unita fede del parroco ........ che venga registrata nel libro delli Esposti.
Quel "pannilini laceri" la dice lunga sulla condizione economica della madre d'Innocenza.
Ascoli Piceno - Archivio di Stato - Fondo Esposti |
Il custode aveva anche l'obbligo di far battezzare l'Esposto il più presto possibile: la Fede Battesimale lo certifica.
Spesso con il neonato venivano lasciati degli oggetti, regolarmente registrati e conservati, che, si ritiene, avrebbero potuto servire alla madre per un eventuale futuro riconoscimento.
Questa è una selezione dei più rappresentativi che ho visionato: croce in avorio,
mezza moneta,
rosario,
collana con immagine religiosa,
ciondolo apribile, ricordo di Venezia,
medaglia con impressa l'immagine della Madonna di Loreto,
alcune "Brevi", così venivano chiamati questi oggetti di stoffa a forma di cuore, stella ....
Non mi è stato facile rovistare tra quelle storie, credevo di trovarmi in una Spoon River di disperazione, d'ignoranza e di convenienze sociali. Toccando con mano questi oggetti sentivo che erano più che semplici chiavi di riconoscimento, per un improbabile futuro incontro tra madre e figlio: erano autentici doni, gli unici, forse, che la madre avrebbe potuto offrire a suo figlio. Guardate questa medaglia di metallo raffigurante San Pasquale. Per essere così consumata vuol dire che è stata indossata e/o toccata chissà per quanto tempo e per quali e quante preghiere e invocazioni. Mi piace pensare che per la proprietaria avesse più valore dell'oro. Eppure è stata consegnata insieme al bambino. Non può essere, questo, un atto d'amore? Ecco perché preferisco chiamare questi bambini "affidati" anziché "abbandonati".
Appunti: Per chi voglia approfondire l'argomento "Esposti" consiglio di leggere "l'infanzia abbandonata nell'Italia del XIX secolo "
Leo, caro amico, non so da dove cominciare commentando questa fantastica pubblicazione! Complimenti! Direi che é quasi un articolo di giornale. Una storia diversa e coinvolgente, con dettagli che emergono dalla ricerca, curiosità, di opinione e, come sempre, grande fotografie. Mi hai lasciato senza parole! Non conoscevo molti di questi dettagli e testimonianze che hai raccolto e pubblicato, tracciati con chiarezza su quello che hai voluto dire. Ti ringrazio per aver condiviso questo lavoro con i tuoi lettori. Un grande abbraccio!
RispondiEliminaSolo poco tempo fa non avrei mai pensato che le mie parole sarebbero state così coinvolgenti per una sconosciuta abitante di, quasi, un altro pianeta. E'stata però una gran bella sorpresa. Ed oggi ci possiamo già considerare amici. Grazie, Patzy.
RispondiEliminaChe bella città e che storia interessante. Le foto hanno fascino. Soprattutto quella del post precedente del calzolaio, come mio nonno paterno ciabattino a Chiaravalle (An).
RispondiEliminaUn caro saluto alle ... tracce di parole :)
Tommaso
Ciao Tommaso, e piacere di conoscerti, tra l'altro sei quasi compaesano d'origine. Tracce di parole? Pensare che, anche se per poco, le mie parole possono diventare tracce...per altre parole, beh! mi hai fatto un bel regalo. Grazie.
RispondiEliminaA presto.
di Ascoli non parla mai nessuno eppure è di una bellezza unica, ci sono capitata praticamente per caso e non sarei mai più andata via, nonostante il caldo allucinante di quella giornata, bello anche il tuo viaggio nelle profondità della disperazione dell'abbandono, a padova (ed in altre città d'italia) è ricomparsa la ruota è in realtà una culla termica posta al limitare della cittadella ospedaliera e si chiama "ninna ho" non so quanto venga usata
RispondiEliminaE' vero, Amanda, ogni tanto qualcuno cerca di dare una risposta a quella disperazione. Non conosco gli esiti ma è sempre meglio dell'indifferenza. Ciao.
RispondiEliminadifficile scrivere dopo aver passeggiato con te nella storia e nelle storie
RispondiEliminaattraversare cancelli e portoni per divenire un tutt'uno con la pietra
e poi posare lo sguardo dove piccole anime venivano posate per essere affidate a chi più fortunato poteva forse dare loro un avvenire migliore...quelle tracce lasciate da chi si trovava costretto a fare quel gesto...non dimenticherò mai questo meraviglioso racconto
grazie di cuore
Un luogo ideale per camminare, riflettere e forse anche per correre.
RispondiEliminaNon sono mai stato ad Ascoli ma quella... pietra antica (mi piace chiamarla così) mi ispira parecchio.
Tristissima la faccenda della ruota... c'era anche a Cagliari...
Quante vite private della loro famiglia, per via della miseria, della disperazione o della "vergogna"!
E come scrive Amanda, la ruota ritorna.
Ciao e grazie per questo bel post.
Chiara! Riccardo! Provo una sensazione intensa nel rileggere i miei pensieri e le mie emozioni riflessi come da uno specchio dai vostri commenti arricchiti, stavolta, dalle vostre sensibilità. Grazie a voi, davvero!
RispondiEliminaCiao Leo! So che devi essere in vacanze, ma al tuo ritorno devi sapere che ti ho dato un Blog Award, e puoi prenderlo in questo link:
RispondiEliminahttp://senderositalianos.blogspot.com.ar/p/premios-de-blog.html
Un grande abbraccio!
Siamo nel 2014, ho 58 anni e mio nonno,nato nel1897 era fra gli esposti.sto facendo ora qualche ricerca consultando lo archivio storico. sono mossa da affetto e interesse.Spero di andare avanti.
RispondiEliminaLe auguro di cuore di scoprire qualche notizia di suo nonno. La direttrice dell'Archivio di Stato di Ascoli Piceno è una persona competente e disponibile vedrà che farà di tutto per darle una mano. Ci faccia sapere! Buona ricerca e...in bocca al lupo.
RispondiEliminaGrazie. Ho conosciuto la responsabile dello archivio storico di ascoli qualche giorno fa. Domani mi recherò di nuovo ad Ascoli, spero di sapere altro.Di nuovo grazie. Anonimo
RispondiElimina